Una parte dello Stato maggiore impegnato nella ultima battaglia contro la lingua sarda si è espresso sul tema dell’identità in un convegno sassarese. Quattro scrittori sardi in italiano, Mannuzzu, Angioni, Soriga e Todde hanno trovato la maniera di dire la loro assieme e non in maniera solitaria, forse per dare più forza a idee ormai sconfitte. Sono in genere, almeno i più in là negli anni orfani del Pci, ormai defunto e polverizzato. Più precisamente di quella componente del Pci che negli anni ’70 ingaggiò una guerra senza esclusione di colpi contro il movimento per la lingua sarda, negandola, bistrattandola, invitando i sardi a non firmare la legge d ‘iniziativa popolare sul bilinguismo, a volte invitando implicitamente ad arrestare come separatisti pericolosi i promotori. Combatterono e come combatterono. Basta leggere i loro articoli pubblicati nella stampa dell’epoca. Sono di dominio pubblico, basta cercarli. Com’erano tronfi e saccenti dall’alto delle loro posizioni nella nomenclatura rossa, vedevano il potere a portata di mano non accorgendosi che il Muro di Berlino era pieno di crepe e stava crollando. Il loro apporto di comunisti di colonia doveva avere una originalità, una specificità per avere udienza alle Botteghe oscure, per poter esibire un attestato di fedeltà a Roma, utile per essere riconosciuti e fare anche carriera nell ‘Urbe. Come il mafioso deve uccidere una vittima per entrare nella Famiglia, questi dovevano assassinare qualcosa per essere considerati italiani a prova di sardismo e essere considerati veramente internazionalisti proletari. Scelsero di sopprimere la propria identità di sardi, uccidendo la lingua sarda. Cosa ritenuta anche facile, contrapponendosi a quattro ragazzi di Su populu sardu o ai più attempati di Natzione sarda o a quello scemotto di Giovanni Lilliu che discriminavano nell ‘Università colonialista perché cianciava di resistenzialità dei sardi. Che peso poteva avere poi quel poetastro in lingua sarda tradotto in varie lingue come Francesco Masala che in aggiunta blaterava contro Il Dio petrolio e del quale ne erano nuovi adoratori in quanto portatore di Modernità per i sardi pastorazzi? Loro, cavalli di razza, quasi si vergognavano di dover discutere, confrontarsi, con quei quattro somarelli che parlavano di diritti civili, di storia, di linguistica, di politica, di identità nazionale dei sardi, senza neppure essere professori o giornalisti nei giornali dei petrolieri, senza pubblicare nelle riviste patinate finanziare con i dollari sovietici. Il loro direttore d ‘orchestra era l’esimio, potentissimo professore universitario Girolamo Soggiu, storico e ideologo stalinista, che da Cagliari dettava la linea e allevava futuri intellettuali e professori universitari antisardi e odiatori di se stessi. I suoi eredi sono sparsi ovunque è seppure sconfitti duramente dal Movimento per !’Identità nazionale dei sardi, che ottenne il riconoscimento della lingua sarda prima con la legge regionale n.26 e poi con la 482 in attuazione dell’art.2 della Costituzione, si sono messi in sonno, uniti come una confraternita,spuntando ogni volta che sia necessario gettare sabbia negli ingranaggi dello sviluppo della lingua sarda, come guerriglieri del colonialismo linguistico, diversificando le tattiche, a volte fingendo di essere a favore della lingua sarda, ma sempre per distruggere, introdurre dubbi e distinguo e comunque far tornare indietro la storia . Il movimento per la lingua sarda pur con forti contraddizioni è diffuso nella società e va avanti. Anche settori importanti della sinistra post comunista si sono convinti della giustezza di questa battaglia, mentre i guerriglieri antisardo hanno trovato i loro Santuari in minor misura nell’università di Cagliari ma decisamente in quella di Sassari e nel giornale La nuova Sardegna. In questo giornale, dove pur lavorano molti sostenitori della lingua sarda, il ridotto filo colonialista e antisardo si esprime nelle pagine culturali. La regia del finto dibattito sulla lingua sarda, comunque utile data la forza delle argomentazioni a sostegno del buon diritto della lingua sarda ad esistere, è chiaramente orientata in senso contrario. Spesso si evince non tanto dai testi pubblicati, ma dai titoli faziosi, velenosi,negativi, buoni per veicolare messaggi subliminali e non informazioni, segno di cattivo giornalismo innanzitutto, e di stile da Pravda o Minculpop. Si potrebbe dire che l’atteggiamento della Nuova sulla lingua sarda sia non il sintomo della crisi di questo giornale dalla ormai lontana e gloriosa storia cittadina e sarda, che fa il paio con la crisi di Sassari e della sua classe dirigente, ma ne sia la malattia stessa. Come un cancro antisardo che si nutre odiando le proprie radici, l’identità e sopratutto la lingua dei padri e madri, della Natzione sarda che sta esprimendo, in questa crisi epocale, una nuova e propria personalità autonomista ed indipendentista. Una specie di AIDS, una malattia anti immune che spinge al suicidio in quanto sardi.
Tralascio le dichiarazioni degli scrittori, che suppongo siano state anche deformate, parzialmente descontestualizzate, per strumentalizzarle ai fini e convinzioni di chi ha esteso il titolo dell’articolo: L’IDENTITÀ DEI SARDI, UN FANTASMA CHE SI È TRASFORMATO IN UN INCUBO.
E giù farneticazioni, tipiche di chi veramente vive la rinascita della lingua sarda e dell’Identità nazionale come un incubo. Quella che forse voleva essere la chiusura di un dibattito, a firma di Costantino Cossu magari per darne autorevolezza, si è rivelata l’attestato di una sconfitta culturale e politica. Non solo per la pochezza e negatività delle argomentazioni, ma sopratutto per il fatto che pochissimi lettori appassionati avranno avuto modo di leggere sia il dibattito precedente che la funerea chiusura. Al confronto la diffusione delle idee, delle buone pratiche, delle innovazioni, che viene veicolata sul web dal movimento per la lingua sarda, per numero di lettori, scrittori, persone che dibattono liberamente e incommensurabilmente maggiore. E sempre maggiori sono le nuove leve che s’aggiungono ai tradizionali lottatori per la lingua sarda, mentre quei quattro gufi, sconfitti più volte sul campo delle idee, delle iniziative, nelle loro negatività auto colonizzanti, s’avviano senza eredi nè ricambio generazionale all ‘oblio. Non che non siano più dannosi e pericolosi, ma la sabbia che lanciano negli ingranaggi è sempre di meno e gli ingranaggi sono più resistenti. Oggi saranno in lutto stretto, in privato piangeranno come prefiche in difesa della lingua di Stato così insidiata dalla lingua del popolo sardo che vuole essere insegnata nelle scuole, che vuole essere ufficiale e con pari diritti con l’italiano. Piangeranno amare lacrime anche di rabbia perché per essi che a volte parlano in sardo per denigrarlo ma, come diceva il compianto Francesco Masala, mangiano abbondantemente in italiano, oggi che è l’anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, frasi quali quello alla propria lingua, è giorno di lutto.