Lingua sarda, tanto normale da scriverla

Il Sardo una lingua normale
Il Sardo una lingua normale

Siamo fieri di chiamarlo lingua, ma lo trattiamo come un dialetto. Rifugiandoci nella protezione a oltranza della “versione di nonna” (o di bidda), rivendicando una specialità di dubbia origine e rifiutando il contrassegno della normalità: un’ortografia standard, in cui tutti ci si possa riconoscere. Che si dica centu o kentu, fillu o fizzu.Se ne è parlato per quasi tre ore, fitte fitte, ieri sera, nella sala conferenze de L’Unione Sarda dove si presentava il libro “Il sardo, una lingua normale” edito da Condaghes e scritto da Giuseppe Corongiu, direttore dell’Ufficio della lingua sarda della Regione. Un militante infiltrato nella burocrazia. Ieri impegnato in un dialogo con il direttore de L’Unione Anthony Muroni (italofono nella vita professionale e sardoparlante nella Tresnuraghes dei nonni) e con il giornalista Vito Biolchini, aspirante sardofono cagliaritano, che dell’opera ha scritto la postfazione. Lo standard che può trasformare il sardo da lingua di comunità a lingua della nazione c’è già, argomenta Corongiu: è la Limba sarda comuna, adottata dalla Regione a titolo sperimentale nel 2006. Radicata nei risultati delle ricerche sul campo compiute dal linguista sardo trapiantato in Francia Michele Contini: c’è una sola lingua con (minime) varianti locali. Teoria che ha i suoi nemici: tra le piccole associazioni di base, radicate nelle culture dei territori, e soprattutto nelle università di Cagliari e Sassari, legate alla linguistica classica, secondo cui due sono le macrovarianti del sardo, logudorese e campidanese. E due devono essere gli standard.Ipotesi (per Corongiu «stereotipo») bocciata a gran voce da tutti gli intervenuti. Dagli editori Giovannino Manca e Francesco Cheratzu di Condaghes. Dagli operatori degli sportelli linguistici e dagli attivisti, che hanno parlato in nuorese, in campidanese di Oristano, in olianese. Dai politici come Bustianu Cumpostu. Nella sala gremita (i più giovani hanno finito col sedersi per terra) forse non c’erano alfieri del doppio standard. O sono rimasti in silenzio. Risate e applausi per Tiziana Troja e Michela Sale Musio (LucidoSottile) che hanno interpretato brani del libro, sottolineando gli stereotipi autolesionisti fatti propri dai sardi: l’esotismo, la divisione dei dialetti e la loro incomprensibilità reciproca. Il cuore del pubblico, insomma, batteva per la Lsc. Ma si è colta soprattutto l’idea che sia ora di passare ai fatti. Adottando in via definitiva lo standard, «con gli aggiustamenti necessari», ha concesso Corongiu. Cogliendo l’apertura di interesse di una città tradizionalmente ostile come Cagliari e avvicinandola «con gli strumenti della modernità e non col pastoralismo arcaico», ha replicato l’autore a una provocazione di Biolchini. E portando il sardo nei mezzi di informazione. Con i finanziamenti pubblici o anche senza: il direttore Muroni ha annunciato la disponibilità a pubblicare su L’Unione una pagina di cronache tradotta in Lsc. Con la collaborazione dell’Ufficio per la lingua.   dae s’Unione Sarda