Ecco perché il nostro futuro è in sardo

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Gli studiosi dell’Ufìtziu raccontano il loro impegno e rispondono alle accuse di essere settari e autoreferenziali

Le polemiche, spesso furenti, non sono certo mancate. Non ultima quella sulla selezione (non ancora chiusa) d i sette operatori da assumere a tempo rigorosamente determinato, affidata dalla Provincia di Nuoro a un’agenzia interinale. M a soprattutto quella più generale sulla necessità o meno, in tempi di vacche decisamente magre, della sua stessa esistenza. Ma S’Ufitziu de sa Limba Sarda barbaricina ha quasi sempre preferito tenere un profilo basso: poche repliche, pochissima ricerca dello scontro . Forse forte del fatto che il modello proposto a Nuoro (un unico ufficio provinciale che coordina l’attività i n 44 comun i del territorio, più Ilbono in Ogliastra, divisi in nove mandamenti ciascuno dei quali affidato a un operatore) si è rivelato negli ultimi anni di gran lunga il migliore sulla piazza. Ora però il gruppo di studiosi che tiene i n vita il progetto ha deciso d i dare qualche numero, facendo il bilancio di come sono stati spesi i fondi della legge statale 482/99, quella che tutela le minoranze linguistiche storiche, e che ha fatto arrivare nelle casse della Provincia 83500 euro per l’annualità 2008 (78mila per gli sportelli e 5500 per attività culturali e formazione) e dunque spendibili nel 2012 (c’è una differenza tra progettazione e attuazione di 4 anni). Soldi che, è bene chiarire, non arriveranno più, a causa dei bizantinismi della stessa legge, che premia più i nuovi arrivati che i progetti storici. E che ha finito per assegnare a Nuoro nel 2009 (e dunque per il 2013) solo 18mila euro (basti pensare che quest’anno i l raggruppamento di soli sei comun i guidato da Borutta prenderà 62milaeuro). A tenere i n piedi la struttura fortunatamente arriveranno 69mila euro, strappati dopo una dura trattativa all’assessore regionale Sergio Milia, e stanziati nella scorsa finanziaria: la quota barbaricina dei 500mila che la Regione ha messo in campo per non far naufragare quello  che stava iniziando a funzionare. Un taglio che comunque causerà la riduzione di organico da nove a sette operatori. Peccato. Perché a vedere i dati e soprattutto le attività che il gruppo di operatori mette nero su bianco nel suo rapporto si ha l’impressione che i l lavoro da fare davvero non mancherebbe. E che i pochi spicciol i messi i n bilancio da Stato e Regione hanno dato davvero buoni frutti. Un dato su tutti: su 10 bambini tra i 4 e i 12 anni che popolano la provincia d i Nuoro oltre u n terzo (poco meno di 4mila) sono stati raggiunti da un laboratorio dei servizi linguistici territorialiche, appoggiandosi alla rete delle biblioteche comunali, delle scuole, delle ludoteche, hanno tradotto in sardo libri di  favole. Organizzato giochi educativi e di abilità, attività didattiche di ogni genere: «Tutto perché i bambini vedano – spiegano gli operatori – che in sardo si possono fare le stesse identiche attività che si fanno in italiano». Bambini primo tassello di un impegno più ambizioso, che mette i n soffitta il folclore («importante, ma non è questo il nostro lavoro») per ridare vita a una lingua totale, autonoma, onnicomprensiva. Buona per leggere una delibera comunale (l’Ufitziu le traduce, come traduce i siti istituzionali), consultare i programmi di Autunno i n Barbagia, informarsi sulla fiera del libro di Macomer (due dei due progetti portati avanti con grande soddisfazione d i tutti). Ma anche per raccontare mostre di archeologia, reading letterari (come quello dedicato a Grazia Deledda per i l centenario di “Canne al vento”), o per creare ex novo blog (ogni mandamento ne ha uno), siti web, profili face book (l’Uls ne ha uno molto frequentato). Una lingua viva e vegeta insomma, dove gli studiosi giocano sul filo di u n rigorosa ricerca storica da contaminare però con un uso che deve diventare più quotidiano e libero possibile («i miei figli la playstation la chiamano playstation, e come la dovrebbero chiamare?», spiega uno degli operatori). Una lingua da far germogliare con pochi fondi, tanti progetti, tantissima passione. «Gli sportelli – chiudono i ragazzi dell’Ufitziu – sono una parte della più generale politica linguistica. Che non è chiusa, esclusiva, settaria. M a si basa su lavoro, dedizione, quotidiano e  impegno. Di gente che non chiede l’elemosina, o un posto di lavoro ovunque, a ogni costo. Chiede solo d i poter continuare a fare».

artìculu de sa “Nuova Sardegna” de su 17/03/2013