Politica: Corsi di lingua sarda Tra università di Sassari e Regione è finita la guerraPolitica: Corsi di lingua sarda Tra università di Sassari e Regione è finita la guerra

Raggiunto un accordo tra l’assessore Sergio Milia e il rettore Mastino: via a una commissione paritetica

Galluresi e campidanesi discriminati? Dibattito tra i poeti e prosatori isolani

CAGLIARI. Se non proprio una pace, sicuramente è una tregua significativa: la Regione e l’Università di Sassari hanno raggiunto un accordo, auspici l’assessore alla Cultura Sergio Milia e il rettore Attilio Mastino.

«Tra noi c’è unita d’intenti sulla tutela e valorizzazione della lingua sarda», dice l’assessore Milia. «Dei dettagli si occuperà una commissione paritetica». Intanto L’ateneo avvierà i corsi per la formazione di insegnanti di sardo. Spiega il rettore Mastino: «Nelle lezioni, sperimentalmente (‘non dimenticare l’avverbio’, raccomanda), si utilizzerà il sardo al cinquanta per cento mentre i laboratori si terranno interamente in limba». E per gli insegnanti che cosa si farà? «Chiameremo esperti esterni», risponde Attilio Mastino. Rispetto alla diatriba di mesi e mesi, indubbiamente è un passo in avanti degno di nota e foriero di novità positive. In altre parole, il mare non è più agitato. Perché ridiventi calmo ci sarà però da rimuovere qualche equivoco. Chi ha paura della lingua sarda? La domanda, vecchia ma sempre ricorrente, se l’è posta l’ex-assessore regionale alla Cultura Maria Antonietta Mongiu sul sito internet di “Sardegna Democratica”. La risposta è fin troppo ovvia: quelli che non
la conoscono e ne hanno paura, come i bimbi con il buio. La competenza attiva del sardo rischia di rovesciare qualche gerarchia. Frattanto, a far giustizia di critiche pretestuose -di provenienza varia- su una presunta discriminazione nei confronti di alcune parlate intervengono poeti e prosatori di fama riconosciuta, quasi tutti vincitori del premio ‘Ozieri’, il più antico e prestigioso.
Dice Gianfranco Garrucciu, Tempio: «Noi galluresi discriminati? E vero l’esatto contrario. Non solo nei miei confronti, ma per i poeti e prosatori venuti prima e dopo di me: penso soprattutto a Giulio Cossu e Maria Teresa Inzaina». Per Giovanni Piga, poeta nuorese ormai celebre e presidente di concorsi letterari anche in area campidanese, queste critiche sono «una casta de machìghine (una specie di follia): la mia esperienza è di tutt’altro tipo». Traduzione: chi la pensa così lo fa per ignoranza o malafede. Piga, che è anche presidente del premio di Mamoiada, ricorda alcuni nomi di vincitori di quel concorso, di variante diversa da quella considerata egemonica: «Paola Alcioni di
Cagliari, Gianfranco Garrucciu di Tempio, Giuseppe Tirotto di Castelsardo, Anna Cristina Serra di San Basilio». E i campidanesi, presunte vittime di non si sa chi? Per loro parla proprio Anna Cristina Serra, figura di rilievo primario nella poesia sarda contemporanea oltre che traduttrice di Sibilla Aleramo, autrice di un glossario sulla parlata del suo paese, testi teatrali e canzoni: «Non mi sono mai sentita discriminata. La prova? Nei fatti: tra i miei premi, oltre all’Ozieri, ci sono Bonorva, Lula, Mamoiada, Olmedo, Osilo, Posada, Pozzomaggiore, Sassari, Siligo, Thiesi e Villanova Monteleone. In partibus infidelium? No: una è la terra, una la lingua». Alla domande sulle presunte discriminazioni ride di gusto Antonio Maria Pinna di Pozzomaggiore, altro poeta “plurilaureato” e fondatore del concorso intitolato al padre Giorgio: «Tutte chiacchiere di malinformati-
premette.- Basta guardare i risultati dei premi di poesia e di prosa in lingua sarda e si capisce subito come sia vero il contrario». Maria Tina Battistina Biggio di Calasetta, “mietitrice” di allori in ogni dove: «Qualche incomprensione all’inizio c’è stata. Ma oggi, dopo quindici anni di premi letterari, mi sento amata». La novità di rilievo viene però dai sardisti. Il segretario dei Quattro Mori Gianni Colli in un comunicato invita la Regione a combattere la battaglia «in nome dell’unico popolo europeo che non può coltivare la propria lingua». Per fare questo, il leader dei sardisti auspica «un atto di coraggio, una rivoluzione culturale e politica». Se l’appello non fosse accolto, ombre cupe si addenserebbero sul governo regionale. Colli viene da Oliena, il paese di Mario Melis. Difficilmente mollerà la presa.

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